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Letture di gusto: Il territorio, Sant'Angelo in Formis, la Basilica Benedettina e il Sentiero del Re
 

Sant'Angelo in Formis: la Basilica Benedettina e il Sentiero del Re

La Basilica di Sant'Angelo in Formis: a poca distanza da Capua, nella sua frazione di Sant’Angelo in Formis, sorge uno dei monumenti medievali più importanti della Campania per l’architettura e ancor più per gli affreschi. Rappresenta inoltre la testimonianza più interessante e completa dell’architettura e dell’arte cassinese dopo la distruzione dell’abbazia di Montecassino, avvenuta durante la seconda guerra mondiale. Situata alle pendici del monte Tifata, la chiesa fu fondata nel X secolo, durante il principato longobardo, sui ruderi del tempio di Diana Tifatina di cui si conservano alcuni reperti al Museo Campano di Capua. Concessa ai Benedettini di Montecassino dal vescovo di Capua Pietro I, fu completamente riedificata nelle forme attuali a partire dal 1073 dall’abate Desiderio.
Diventato un Santuario ricco e potente, nel corso dei secoli successivi diventò propositura di casa Carafa, poi passò per un certo periodo ai Benedettini della Congregazione di S. Giustina di Padova, ed infine divenne patrimonio regio nel 1799; nel 1866 entrò a far parte del demanio dello Stato. L’ampio sagrato antistante la basilica è un punto panoramico eccezionale, dal quale si gode di una splendida vista che spazia fino al massiccio di Roccamonfina, ai monti Aurunci, a Capua al centro dell’ansa del Volturno e, in lontananza, all’isola d’Ischia. La facciata è preceduta da un portico a cinque arcate sostenute da quattro colonne di spoglio con capitelli corinzi. Il portale principale, marmoreo, è sovrastato da un architrave con un’iscrizione che ricorda la fondazione promossa da Desiderio, mentre in tutta la struttura risaltano colonne e frammenti architettonici provenienti con grande probabilità dal santuario antico.
Nella lunetta campeggia un affresco con san Michele e sopra il portale è dipinta la Madonna tra due Angeli. Le lunette degli altri archi sono decorate con storia di sant’Antonio abate e di san Paolo eremita, tutti affreschi che risalgono alla fine del XII secolo. Sulla destra della facciata si erge il massiccio campanile, anch’esso ricco di materiali architettonici di spoglio del tempio di Diana Tifatina; a pianta quadrata, è costruito con un’alternanza di blocchi di travertino e cotto che crea un vivace contrasto cromatico. Nell’interno della basilica, articolato su tre navate con altrettante absidi ma privo di transetto, l’elemento di maggiore importanza è costituito dagli affreschi, il più vasto e completo ciclo medievale dell’Italia meridionale. Queste pitture risalgono all’epoca di Desiderio, poiché l’abate (divenuto papa con il nome di Vittore III nel 1084) vi è raffigurato vivente (nell’abside), come dimostra il nimbo quadrato in luogo di quello circolare. Lo stile deriva decisamente dall’arte sacra di Bisanzio, anche se il ciclo affrescato, realizzato da una scuola locale, differisce dai modelli per una certa volgarizzazione delle immagini e delle rappresentazioni che appaiono meno auliche e solenni.
La navata centrale è ornata da tre differenti registri sovrapposti che narrano episodi del Nuovo Testamento; sui pennacchi, tra le arcate, sono raffigurati profeti e sibille e sulla controfacciata il Giudizio Universale. Nel catino absidale il Cristo in trono benedicente si innalza imponente tra i simboli degli evangelisti, mentre nella fascia inferiore agli arcangeli si affianca l’abate Desiderio nell’atto di offrire il modello della chiesa a san Benedetto. Nell’abside destra sono raffigurate una Madonna con Bambino e due angeli e, nella fascia inferiore, santi e martiri. Le pareti della navatelle accolgono, su due registri, episodi del Vecchio Testamento e della Via Crucis, mentre sui pennacchi sono santi benedettini e sante.
La basilica conserva inoltre tracce del pavimento musivo medievale e, a sinistra dell’altare, un pulpito del XII secolo. A seguito del dissesto idrogeologico provocato negli ultimi decenni, ed anche di un abusivismo selvaggio, negli ultimi mesi si sono verificati vari crolli nell’antico muro di cinta dell’area dell’abbazia. Gli organi competenti sono stati costretti ad intervenire chiudendo l’accesso ai visitatori ed anche agli abitanti della zona. Ora si spera che finalmente vengano fatti gli interventi necessari per salvaguardare un’opera così importante per la nostra civiltà. Su questo vi sono stati vari appelli di associazioni e di studiosi, a partire dal Touring Club Italiano e da Italia Nostra.

www.touringclub.it/news/il-touring-lancia-un-appello-per-salvare-labasilica-di-santangelo-in-formis-in-campania

Descrizione della passeggiata guidata sul "Sentiero del Re"

All’ingresso del vecchio sentiero di entrata nel Bosco breve sosta alla grande Quercia Dormiente, per poi procedere e vedere i resti di canali borbonici costruiti per incanalare le sorgenti fino alla Città di Capua. Lungo il sentiero: meli selvatici, aglio selvatico, ciclamini ed orchidee. Si sale per il sentiero dei noccioli ove appunto ci saranno piante di noccioli, castagni e lecci e loculi di ispezione delle acque. Si incrocia il sentiero del Generale Garonna, storico scrittore capuano interessato alla storia specifica del Bosco di San Vito. In questo sentiero, di tanto in tanto, diverse sorgenti pullulano dalla terra stessa. Si entra nel tratto del Sentiero del Re.
Creato da Ferdinando IV di Borbone per scendere da S. Leucio sino al Bosco, sua riserva di caccia assieme al Bosco di San Silvestro. Si scende per il sentiero delle Rocce ove ci sarà un suggestivo piccolo canyon, di sicuro l'antico letto di una grande sorgente. Si arriva alla Casina principale dell’acquedotto Borbonico, costruita in tufo, ove ai lati vi è una grossa cisterna scavata nel sottosuolo (sosta). Si prosegue per il sentiero delle salamandrine terdigidate, colonia di salamandrine autoctone e protette dalla convenzione di Berna. È importante sapere che la salamandrina riesce a vivere solo se il tasso di inquinamento è inesistente, pertanto si comprende bene che tale bosco è incontaminato.

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